Ci sono marchi talmente originali da essere entrati nella storia. Sono nomi forti, unici, che devono il loro successo ad un’intuizione geniale: quella di essere brevissimi. Sono gli acronimi. Segni che, rispetto ad una sequenza di parole, sono molto più semplici da ricordare e più facili da registrare, perché è più probabile che rispettino tutti i requisiti previsti dalla legge per la registrazione di un marchio.
Cos’è un Acronimo?
Un acronimo è una parola formata dalle iniziali di altre parole o parti di parole che vengono combinate per creare una nuova parola che rappresenta concetti, nomi o frasi complesse. Gli acronimi vengono spesso utilizzati come abbreviazioni in diversi contesti, come ad esempio in ambito tecnico, scientifico, militare, amministrativo o commerciale, al fine di semplificare la comunicazione e ridurre la lunghezza delle espressioni complesse. Gli acronimi possono essere pronunciati come una parola unica o come una sequenza di lettere separate, a seconda delle convenzioni stabilite per ciascun acronimo specifico.
ASICS o Anima Sana In Corpore Sano? IKEA o Ingvar Kamprad Elmtaryd Agunnaryd? ADIDAS o Adolf Adi Dassler? H&M o Hennes & Mauritz? In tutti questi casi di successo l’acronimo vince sulla sua “spiegazione”. Eppure, anche questo tipo di segno distintivo può presentare alcune “insidie”, sia in fase di registrazione, sia una volta ottenuto il relativo certificato di concessione.
Ecco dunque 5 cose che dovresti sapere se vuoi registrare un acronimo come marchio.
L’acronimo che vuoi registrare non deve essere già noto e diffuso nel tuo settore
Uno dei requisiti previsti dalla legge affinché un marchio possa essere registrato è che sia distintivo, cioè tale da far sì che i consumatori siano in grado di capire a quale azienda appartiene.
Di conseguenza, se l’acronimo che vuoi registrare è diventato di uso comune nel tuo settore o in settori affini al tuo, non può essere registrato.
Facciamo un esempio
SUV è l’acronimo di “Sport Utility Vehicle”, un termine di uso comune nel settore automobilistico per indicare un certo tipo di fuoristrada: un produttore di veicoli non potrà registrare questo acronimo come marchio, perché i consumatori non potrebbero distinguere le sue auto da quelle prodotte da altre case. Al contrario, invece, un produttore di penne a sfera potrebbe farlo, perché SUV è un acronimo che in quel settore non ha alcun significato.
Un altro caso, meno noto, è quello dell’acronimo WYSIWYG, che sta per “What You See Is What You Get”, diffuso nel settore informatico e quindi, anche se di nicchia, non registrabile da chi lavora in quell’ambito o in quelli affini.
Solitamente puoi registrare l’acronimo, non le parole che lo descrivono
L’acronimo di per sé è assolutamente registrabile, ma spesso non lo è quando si vuole registrare anche la sua “spiegazione”. Capita spesso che i clienti ci chiedano di tutelarli insieme, sia la sigla che la sua descrizione, perché l’acronimo, da solo, non si capisce. A volte va benissimo e si tutelano insieme acronimo e sua estensione. A volte, però, ciò non è possibile, in quanto la spiegazione della sigla è descrittiva e sarebbe quindi ritenuto tale dagli Uffici marchi anche il suo acronimo. In questi casi, l’Ufficio lo rifiuterebbe perché violerebbe uno dei requisiti necessari per la registrazione: l’originalità.
A questo proposito potrebbe interessarti il nostro approfondimento su quali sono i principali motivi per cui il tuo marchio potrebbe non essere registrabile.
Facciamo un esempio: l’acronimo BAL è certamente registrabile per una bibita, ma se io provo a depositare BAL BEVANDA AL LATTE l’Ufficio me lo rifiuta in quanto descrittivo del prodotto stesso.
Il nostro consiglio
Se la spiegazione è importante, usala, ma non registrarla: può diventare il payoff del tuo marchio, il piccolo testo che accompagna il nome del Brand (per intenderci “La Coop sei tu” è stato un noto payoff di Coop).
Poniamo il caso, ad esempio, di un’azienda di abbigliamento che si chiama AMB, acronimo di “Abbigliamento per Mamme e Bambini”. Può scegliere di registrare AMB come marchio, ma non di registrare la spiegazione. Meglio usarla come semplice payoff: AMB –Abbigliamento per Mamme e Bambini.
Attenzione alla volgarizzazione!
Questo è uno dei rischi che corrono tutti i marchi, compresi gli acronimi, ed è la situazione in cui un segno registrato, in questo caso una sigla di proprietà di un soggetto, diventa di uso comune e descrittiva di un certo tipo di prodotto.
Attenzione, la volgarizzazione si verifica quando i consumatori finiscono per identificare un certo tipo di prodotto col nome di un Brand: Thermos, Cellophane, Scotch sono alcuni degli esempi di volgarizzazione più celebri. Nomi nati quali validi marchi di impresa che, in seguito all’uso degli stessi per identificare una certa tipologia di prodotto (anziché il prodotto di una certa impresa), diventano nulli.
Il nostro consiglio
Attivati fin da subito affinché il tuo acronimo registrato come marchio non si volgarizzi, diffidando immediatamente chiunque lo usi per descrivere il tipo di prodotto e non il tuo Brand. Muoviti anche sul piano della comunicazione: usa la R di marchio registrato sul tuo sito, sui materiali promozionali, nelle brochure… e spiega com’è nato quel nome e perché. Le persone capiranno quali sono i tuoi valori e riconosceranno il tuo Brand come unico sul mercato.
Verifica la sua diffusione ed il suo significato all’estero
Un acronimo è più facile da “esportare” in altri mercati perché resta identico in tutti i Paesi. Inoltre, a differenza di un nome, difficilmente rischia di essere frainteso.
Ma non è sempre detto.
Può darsi infatti che la sigla che hai scelto in una certa lingua abbia un significato preciso, oppure che ci sia già un marchio registrato simile.
Per evitare brutte sorprese, prima di esportare, è meglio verificare questi aspetti con un esperto.
Se il tuo acronimo è breve, è più probabile che esistano già marchi registrati simili al tuo
Gli acronimi, soprattutto quando sono brevi, hanno un rischio in più rispetto ai nomi per esteso: è più probabile che siano simili ad altre sigle già registrate come marchio.
Un marchio, lo ricordiamo, per essere registrato deve rispettare anche il requisito della novità. Significa che non può essere identico o simile ad un altro già registrato nello stesso settore o in quelli affini.
Per esempio, possono essere considerati simili questi acronimi:
- F&M e H&M per il settore dell’abbigliamento
- TAAC e FAAC per il settore dell’automazione
- ACHEA e IKEA per il settore arredamento
Può accadere quindi che, una volta registrato il tuo acronimo, il titolare del marchio anteriore si attivi per impedirti di usarlo e di ottenerne la registrazione.
Il nostro consiglio
Se non sai come muoverti, puoi commissionare ad un professionista esperto una ricerca di anteriorità per verificare se esistono marchi anteriori simili o identici al tuo. Il consulente saprà consigliarti sia nella scelta del nome per il tuo marchio sia spiegandoti qual è il modo migliore per proteggerlo, a seconda dei tuoi obiettivi di business.
