Marchio Collettivo: che cos’è e come funziona

Quando lo scopo è garantire l’origine geografica di un alimento.

Anche tu probabilmente, come tante altre persone, fai grande attenzione a quello che mangi. Per questo motivo, le imprese alimentari sono sempre alla ricerca di indicatori di qualità per i loro prodotti. Le virtù di un alimento, infatti, sono spesso legate anche alla sua provenienza geografica.

Cos’è un Marchio Collettivo Geografico? 

Ti sarà sicuramente capitato di preferire alimenti con una certificazione sull’etichetta rispetto agli altri. Nella gran parte dei casi, si tratta proprio dei cosiddetti marchi collettivi geografici, o marchi collettivi. Questo genere di marchio è tipicamente utilizzato “in condivisione” da più imprese e ha proprio la funzione di garantire la qualità e/o la provenienza geografica di determinati prodotti, in particolare quelli alimentari.

Siamo sicuri che anche tu conosci questi marchi: 

I due marchi collettivi citati sono di certo tra i più celebri in Italia e non solo.
Avrai dunque già compreso che i marchi collettivi riescono a rassicurare i consumatori sulla qualità e, in particolare, sull’origine di determinati alimenti.
Il vantaggio di poter conquistare la fiducia del pubblico con il marchio collettivo è però riservato solo a quelle imprese che rispettano determinati requisiti.

Vediamo allora insieme cos’è un marchio collettivo e chi può usarlo.  

Registrazione Marchio Collettivo: chi può farla? 

Come anticipato, il marchio collettivo garantisce la qualità di un prodotto legata alla sua origine geografica.

A differenza di un marchio d’impresa, che è un marchio individuale, il marchio collettivo non identifica l’origine imprenditoriale di un bene o servizio (quindi l’azienda produttrice) ma è indicativo della provenienza geografica di un determinato prodotto e delle relative qualità dipendenti dalla stessa.

Chi utilizza il marchio collettivo non è il suo proprietario (come invece avviene per il marchio individuale d’impresa). Infatti, la proprietà di un marchio collettivo può appartenere soltanto ad un’associazione di imprese (il caso tipico è dato da un consorzio), ma chi lo usa sono i singoli associati.
Lo stesso Consorzio stabilisce le regole di utilizzo del proprio marchio attraverso un regolamento disciplinare, nel quale prevede  i requisiti che il prodotto deve avere per poter utilizzare il marchio.

Tutte le imprese che rispettano i requisiti previsti nel regolamento – quindi le regole che si è dato il Consorzio per questo marchio –  avranno diritto di utilizzare il marchio.

Il regolamento ha un’evidente funzione di garanzia per i consumatori: questi, infatti, sapranno che il prodotto che stanno acquistando avrà delle caratteristiche ben precise, tali da distinguere quel prodotto dagli altri presenti sul mercato.

Marchio individuale e collettivo: le differenze 

A questo punto, ti sarà chiaro che i proprietari di un marchio collettivo possono essere le associazioni di imprese, i Consorzi o gli enti pubblici.

Ma quali sono le principali differenze tra questo tipo di marchio e i “normali” marchi individuali? Vediamole.

  1. Il marchio collettivo è una vera e propria certificazione dell’origine geografica di un prodotto (o servizio). Il marchio individuale ha invece la funzione di indicare al consumatore da quale impresa provengono determinati prodotti o servizi. Il marchio d’impresa indica quindi l’origine imprenditoriale del prodotto.

Facciamo un esempio

Il consorzio del prosciutto di Parma è proprietario del marchio collettivo “Parma”, in relazione ai prodotti “salumi”.
Le singole aziende Rovagnati Spa e Salumificio fratelli Beretta S.p.a. sono due imprese che hanno aderito a tale Consorzio e ne rispettano il regolamento. Entrambe, quindi, potranno apporre il marchio “Prosciutto di Parma” sui loro prodotti, realizzati secondo il disciplinare.

“Beretta” e “Rovagnati” sono invece i marchi individuali di proprietà delle rispettive aziende e servono a far conoscere al consumatore la singola impresa produttrice (l’origine imprenditoriale del prodotto).                        


2. Il marchio collettivo può essere registrato solo da associazioni di categoria, consorzi o enti pubblici. Come abbiamo visto, però, il titolare del marchio è un soggetto diverso da quello che lo utilizza. 

Il marchio individuale, invece, può essere registrato da una persona fisica o da una società. Sarà anche tale persona o società ad utilizzare il marchio e ad avere i diritti esclusivi sullo stesso.

3. Il marchio collettivo indica l’origine geografica dei prodotti, che garantisce delle caratteristiche particolari ai prodotti.

Il marchio individuale, invece, per legge non può descrivere una caratteristica di un prodotto o indicare la sua origine geografica: questo perché sono informazioni sul prodotto non monopolizzabili da una sola azienda.

Facciamo un esempio

Come abbiamo visto prima nell’esempio utilizzato per il settore alimentare, “Parma” indica la provenienza geografica di un prodotto tipico e può essere, pertanto, solamente un marchio collettivo.

Al contrario, i marchi individuali non possono avere tale caratteristica. Pertanto il marchio Prosciutto di Parma non potrebbe essere registrato come marchio individuale.

Il regolamento del marchio collettivo

I marchi collettivi devono necessariamente essere depositati insieme ad un regolamento d’uso, che dovrà essere presentato all’Ufficio marchi insieme alla richiesta di registrazione del marchio. Il regolamento deve contenere:

  •  Le caratteristiche del prodotto (o della sua lavorazione) per poter essere contrassegnato dal marchio
  •  le modalità di uso del marchio
  •  La rappresentazione del marchio collettivo
  •  le modalità di controllo per i soggetti che usano il marchio e le relative sanzioni in caso di inosservanza del regolamento

Esempio

Nel settore alimentare, è frequente la presenza di marchi collettivi i cui regolamenti stabiliscono che l’utilizzo del marchio può essere concesso solamente per prodotti alimentari realizzati in una precisa area geografica. Pertanto, solo i produttori che producono in quell’area, secondo le modalità disciplinate nel regolamento, potranno inserire nell’etichetta dei loro prodotti il marchio collettivo.

Chiunque rispetti le condizioni previste dal regolamento d’uso deve poter utilizzare il marchio collettivo sui propri prodotti. 

Il rifiuto ingiustificato di accesso al marchio rappresenta infatti una violazione delle regole di concorrenza leale tra gli operatori.

Come abbiamo visto, il marchio collettivo garantisce la provenienza geografica o determinate caratteristiche di un prodotto: è dunque normale che la legge richieda che il titolare del marchio collettivo preveda severi controlli sull’utilizzo del marchio da parte delle imprese associate e che proceda a sanzionare i soggetti che violano il regolamento.

Oltre al Marchio collettivo hai a disposizione anche un altro strumento per garantire le qualità di un prodotto. Si tratta del nuovo marchio di certificazione. Vediamo insieme di cosa si tratta e quali sono le differenze con il marchio collettivo.

Marchio collettivo e di certificazione: cosa li distingue

È stata recentemente introdotto in Italia e in Europa il marchio di certificazione. 

Cosa distingue il marchio di certificazione dal marchio collettivo?

  1. Chiunque – e quindi qualunque persona fisica o giuridica – può essere titolare di un marchio di certificazione, mentre il marchio collettivo appartiene solo a Consorzi o associazioni di categoria.
  2. Il marchio di certificazione è l’ideale per garantire standard qualitativi nei prodotti certificati, mentre il marchio collettivo certifica che il prodotto provenga da una precisa zona geografica e può essere in sovrapposizione con un’indicazione geografica protetta, quale, ad esempio DOP e IGP.

Il titolare del Marchio di certificazione supervisiona il rispetto degli standard e non potrà utilizzare in prima persona il marchio per i prodotti che proprio lui certifica.

Il marchio di certificazione viene dunque utilizzato dagli associati ma non direttamente dal suo titolare.

Marchio di Certificazione

Diversamente dai marchi collettivi, il marchio di certificazione non è un sistema aperto.

Infatti, è il titolare del marchio, ovvero il soggetto certificatore, a decidere se i prodotti o i servizi di un’impresa possono utilizzare il suo segno.

In ogni caso, il titolare è tenuto ad un obbligo di imparzialità e non può utilizzare il marchio per i propri prodotti o servizi né avere interessi nel settore in cui opera la certificazione.

Esempi di marchio di Certificazione

Vediamo un esempio:                                    

Conosciamo tutti questo simbolo di titolarità dell’Unione europea, che rappresenta la certificazione europea per i prodotti biologici.

Tutti noi l’abbiamo visto apposto su tantissime etichette dei più svariati prodotti alimentari, a garanzia della provenienza da agricoltura biologica degli stessi.

Anche per il marchio di certificazione va depositato, nella domanda di registrazione, un regolamento che ne disciplini l’uso.

Suggeriamo sempre, sia per la predisposizione del disciplinare sia per il deposito dei marchi, collettivi o di certificazione, di farsi affiancare da un professionista qualificato, che possa assisterti nella peculiare procedura di registrazione di questi marchi “speciali”.

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